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Nonostante le chiare divergenze tra i modelli che abbiamo preso in esame — l’uno facente capo alla corrente delle basic emotions, l’altro a quella costruttivista — anche le similitudini tra i due sono degne di considerazione. Sia Barrett che Asma e Gabriel concordano sull’esistenza di core affects, mentre sono poi in disaccordo su quanto questi siano estesi (quanti e quali siano) e sul loro ruolo nel dare forma al comportamento umano.
Il Buddhismo naturalizzato per gli occidentali può incoraggiare una forma di cattiva coscienza: può dare l’impressione che adottando il Buddhismo limitatamente alle sue pratiche assunte come secolari, si possa essere spirituali senza essere religiosi, laddove senza rendersene conto si è spinti da forze tipicamente religiose.
Il modello del cervello trino proposto da MacLean— che vede il cervello umano come evolutosi in tre ondate principali, la prima delle quali avrebbe creato un reptilian complex, la seconda il sistema limbico paleomammifero e infine le strutture recenti della neocorteccia— è oggi considerato obsoleto a livello anatomico e il lavoro di Damasio mostra chiaramente come la parte “primitiva” sia fondamentale per la cognizione superiore. Ma quanto di questa concezione stratificata in livelli, antichi e recenti, primitivi o cognitivamente superiori, con mutue interazioni in entrambe le direzioni (top-down e bottom-up), sopravvive ancora nel dibattito?
La domanda che proviamo ad affrontare in questa sede è: comprendiamo davvero cosa sia il Buddhismo?