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In primo piano maggio 2024

“Le radici della felicità” – suggerimento di lettura

La felicità non può giungere dal proporsela come meta, nasce dalla capacità di apprezzare il percorso o, più precisamente, l'esperienza che la vita offre nel momento presente. (...) Quando siamo infelici, invece di cercare di diventare felici, dovremmo prendere qualunque cosa stia accadendo come un'occasione per incontrare e superare gli ostacoli sul cammino.
MSA radici felicita Bayda

di Maria Vaghi

Lo straordinario approccio con cui Ezra Bayda accoglie noi lettori è quello di prenderci alla sprovvista mentre percorriamo una strada che crediamo di conoscere e lo fa bagnandoci lungo il percorso con spruzzate di ironia.
La prima sorpresa in Le radici della felicità è chiederci -spudoratamente- perché riteniamo che la felicità sia un nostro diritto di nascita.
Ci verrebbe -con un sorriso- di dargli dell’impertinente, dirgli che non siamo certo masochisti eppure, a pensarci bene, quanti pesanti strati di aspettative sedimentano, nel corso della nostra vita e senza che ce ne accorgiamo granché, proprio perché riteniamo che la felicità ci sia dovuta.
Prosegue poi a solleticarci con una riflessione secondo la quale spesso ricerchiamo la felicità, un po’ come fosse un grosso tartufo da scovare, cioè -come sforzandoci- cerchiamo di essere felici, senza renderci conto che -dice l’autore- “la felicità non può giungere dal proporsela come meta, nasce dalla capacità di apprezzare il percorso o, più precisamente, l’esperienza che la vita offre nel momento presente”.
Se non ne fossimo convinti cita anche uno studio che ha visto protagonisti due gruppi di persone alle quali viene chiesto di ascoltare un brano di musica classica. Uno dei due gruppi però deve anche cercare di essere felice durante l’ascolto. Per come ci sta stimolando Bayda, ovvio indovinare che i “cervellotici” alla ricerca della felicità, alla fine faranno registrare livelli inferiori di benessere rispetto a chi si sarà beatamente solo goduto l’esperienza.
Non si tratta affatto di considerazioni scontate, soprattutto per noi occidentali, vittime spesso di quello che Bayda definisce il boom della felicità, fatto di aspetti effimeri da rincorrere e pretendere peraltro con effetti positivi immediati, proprio perché la capacità di stare con ciò che non è gradevole risulta sempre più limitata.

Se questo non bastasse, decide di mostrarci anche l’altra faccia della medaglia, ricordandoci quanto sia stimolante -in termini di pratica- lo sconfinato campo degli opposti: quello delle nostre avversioni. “Quando siamo infelici, invece di cercare di diventare felici, dovremmo prendere qualunque cosa stia accadendo come un’occasione per incontrare e superare gli ostacoli sul cammino”.
E per non risultare generico, temendo forse un nostro: “D’accordo, alla prima occasione ti prometto che mi cimento”, mette sul tavolo tre semplici quanto folgoranti domande:

– In questo momento sono davvero felice?
– Se non lo sono, cosa me lo impedisce?
– Posso arrendermi a ciò che è?

Beninteso, l’autore non si limita a stimolarci con le sue modalità frizzanti anzi, ci accompagna con grande cura e amorevolezza a usare strumenti utili a coltivare, a nutrire le cause della felicità, elemento di cui nessuno ha depositato un brevetto ma che offre la possibilità -come ogni ambito di pratica- di portare lo sguardo verso di noi scoprendo la bellezza dell’esplorazione.

Il tema di questo Primo Piano favoriva la citazione di questo titolo ma è suggerita di cuore la lettura di tutti i libri di Ezra Bayda.

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