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In primo piano febbraio 2024
Gli esseri umani hanno la caratteristica di vedere la realtà come esistente là fuori, come se avesse un’esistenza intrinseca. È semplicemente così che appare alla nostra coscienza. Per rendersi conto che non è così è necessario un minuzioso lavoro di analisi filosofica.
Coscienza e realtà interiore
Parlando di coscienza i modelli esistenti possono essere ricondotti a due categorie principali: quelli che riconoscono alla Coscienza esistenza intrinseca indipendente, almeno in parte, dal suo substrato fisico e quelli che invece considerano la Coscienza interamente riducibile ai processi elettro-chimico-fisici che hanno luogo nel cervello.
Relazioni e società
A volte i percorsi delle persone si incrociano all’insaputa dei protagonisti stessi, le loro idee convergono attraverso il tempo e lo spazio. È questo il caso della formidabile connessione settecentesca mai realizzata e persino inesplorata tra Ippolito Desideri, un missionario gesuita italiano, e David Hume, il filosofo scozzese dell’Illuminismo.
In primo piano febbraio 2024
Le apparenze nascondono ai nostri occhi la realtà? Oppure la nostra idea preconcetta di ciò che è reale ci impedisce di vedere la realtà dell’apparenza? Vorrei volgere l’attenzione verso due aspetti. Il primo è mostrare l’importanza della fenomenologia che ha come scopo studiare l’apparire, per evidenziare il modo in cui da esso si genera la nostra credenza nella realtà degli oggetti esterni. Il secondo è perché il senso in cui la metafisica e la scienza occidentale hanno visto la differenza tra realtà e apparenza è esattamente opposta a quella buddhista.
In primo piano febbraio 2024
La coscienza è il più grande e irrisolto problema fin dalle origini della filosofia: quello che vediamo, facciamo, codifichiamo, decidiamo e la stessa scienza sono un prodotto della mente e abitano il mondo della coscienza. L’intera visione del mondo, la cultura, la scienza dipendono dalla coscienza e dall’interfaccia mente-realtà.
In primo piano febbraio 2024
La comprensione della realtà è il cuore del sentiero buddhista. Parlando di dicotomia intendo il concepire l’impermanente come permanente, la sofferenza come felicità, l’impuro come puro, il non sé come avendo un sé.
In primo piano febbraio 2024
Il Buddha indicò che la mente è la capostipite riguardo a tutte le nostre emozioni e azioni, e se guidata dall’ignoranza, porta a tutte le miserie. Insegnò i dodici legami dell’origine dipendente, relativi all’evoluzione di tre tipi di miserie nell’esistenza samsarica, tutte derivanti dall’ignoranza. La forza contraria a questa ignoranza è ciò che il Buddha identificò come saggezza, per rimuovere il velo dell’ignoranza che oscura la visione della realtà.
L’attenzione è uno dei processi cognitivi di ordine superiore. Nel cervello, questa consente la selezione di segnali neurali privilegiati potenziandone l’intensità tramite il feedback neurale, diminuendo quindi l’intensità relativa di altro segnale neurale in competizione. È l’attenzione, ad esempio, che consente a chi scrive di concentrarsi sull’argomento trattato mentre i vicini di casa discutono ad alta voce; i suoi pensieri sono come evidenziati (si veda la oggi controversa metafora della spotlight), a discapito delle conversazioni dei vicini.
In primo piano gennaio 2024
So dentro di me che esisto. Questa è un’esperienza comune a ogni essere umano. Ma come lo so? Lo so perché lo sento dentro di me. Quindi, il sentire è il veicolo del significato (Io esisto), e la capacità di avere sentimenti e comprendere il loro significato è la proprietà essenziale che “spiega” come lo sappiamo.
In primo piano gennaio 2024
Il compito della mente è la cognizione, e chiaramente il Buddhismo afferma livelli più sottili di cognizione non postulati dalla neuroscienza. Il nostro potenziale -l’illuminazione della buddhità- è la natura stessa della nostra mente.
Il modello del cervello trino proposto da MacLean— che vede il cervello umano come evolutosi in tre ondate principali, la prima delle quali avrebbe creato un reptilian complex, la seconda il sistema limbico paleomammifero e infine le strutture recenti della neocorteccia— è oggi considerato obsoleto a livello anatomico e il lavoro di Damasio mostra chiaramente come la parte “primitiva” sia fondamentale per la cognizione superiore. Ma quanto di questa concezione stratificata in livelli, antichi e recenti, primitivi o cognitivamente superiori, con mutue interazioni in entrambe le direzioni (top-down e bottom-up), sopravvive ancora nel dibattito?
In primo piano gennaio 2024
Comprendere le componenti che costituiscono un momento della nostra esperienza soggettiva ci consente di destrutturare quel momento. Tali metodi di destrutturazione ci aiutano anche a capire cosa stanno vivendo gli altri e a interagire con loro in modo compassionevole.
In primo piano gennaio 2024
Le tecniche di respirazione lenta sembrerebbero potenziare la flessibilità autonomica, cerebrale, emotiva e comportamentale, portando a una serie di benefici sull’individuo che le pratica.
La riflessione filosofica di Bernard Stiegler sull’attenzione (2010; 2014) illustra come l’attenzione sia più che semplicemente concentrazione o vigilanza. L’attenzione riguarda anche il desiderio, l’attesa, la partecipazione attiva, l’interesse.
Relazioni e società
In un mondo incerto e complesso, l’essere umano ha una inclinazione naturale a costruire narrazioni: storie che intrecciano i fili più disparati delle proprie esperienze in un puzzle coerente di significato.
In questa serie di articoli discutiamo alcune tra le riflessioni cardine dell’analisi di Bernard Stiegler sul nesso tra tecnologie digitali e distruzione dell’attenzione; sulle sue conseguenze per la vita individuale e collettiva.
Il dibattito tra i due paradigmi si allaccia in parte a come definiamo ciò che è condiviso o universale. Anche all’interno della sua prospettiva costruttivista, Barrett ammette l’esistenza di universali. Il suo modello prevede affetti (affects), in costante fluttuazione di valenza (positiva o negativa).
Il campo delle neuroscienze affettive ha di recente assistito a un energico dibattito tra due diversi approcci alla comprensione delle emozioni. Il primo: le teorie delle emozioni di base (Basic Emotion Theories), a cui ci si riferisce anche con i vari nomi attribuiti ai meccanismi sottesi ad esse (circuiti delle emozioni, marcatore somatico, e così via) o sulla loro supposta natura (si parla allora di “nativisti” o “essenzialisti”) (…)
Ora che i Buddhismi si trovano a confrontarsi con le neuroscienze cognitive e con le altre scienze della natura, nel tentativo di edificare o espandere un edificio di studio della mente e dell’esperienza, sembra vitale sostenere l’indipendenza e la legittimità del pensiero tradizionale buddhista mantenendo distanza e consapevolezza nei confronti del prestigio che l’apparato scientifico detiene nella società occidentale.
A partire dal XIX secolo, il Buddhismo è stato chiamato a rispondere a sfide e opportunità trasversali alle strutture religiose e culturali che lo caratterizzavano nel periodo premoderno.
Il classico Mapping the Mind (1982) di Charles Hampden-Turner include sessanta modelli di mappatura dell’essere umano, della sua psiche. Le sue categorie di mappa spaziano dallo storico al religioso, fino a prospettive psicoanalitiche, esistenzialiste, psicosociali, creative, linguistico-simboliche, cibernetiche, strutturali e “paradigmatiche”. Dal Taoismo, Sant’Agostino, Blake, Darwin, Marx, Weber e Freud, fino a Lacan, Bateson, Chomsky e Varela. Per l’epoca, il testo di Hampden-Turner è estremamente sofisticato, ricco e accessibile; oggi il suo approccio necessita disperatamente di un aggiornamento.