Il religioso e lo spirituale

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Il Buddhismo naturalizzato per gli occidentali può incoraggiare una forma di cattiva coscienza: può dare l’impressione che adottando il Buddhismo limitatamente alle sue pratiche assunte come secolari, si possa essere spirituali senza essere religiosi, laddove senza rendersene conto si è spinti da forze tipicamente religiose.

Queste forze includono il desiderio di partecipare ad una comunità organizzata intorno ad un senso del sacro, o il desiderio di trovare una fonte di significato che trascenda l’individuo, o la necessità percepita di affrontare il dolore, o il desiderio di fare esperienza di stati profondi e trasformativi di contemplazione.

Le azioni che le persone compiono per soddisfare questo tipo di desideri, come praticare la meditazione o partecipare ad un ritiro, sono anch’esse religiose. Le persone prediligono il termine spirituale perché vogliono enfatizzare le esperienze trasformative individuali rispetto all’aspetto istituzionalizzato e secolare di una tradizione religiosa.

Il protestantesimo è fortemente legato all’idea familiare che la spiritualità autentica sia da collocarsi nell’esperienza privata e che sia distinta da una religione secolare, con le sue istituzioni e le sue gerarchie. Quest’idea di intimità dello spirituale è molto influente sul modo in cui oggi in occidente approcciamo la meditazione, talvolta facendoci perdere di vista aspetti centrali della tradizione buddhista e privatizzando le pratiche contemplative, anziché farle sbocciare nel mettā (benevolenza, gentilezza amorevole) universale.

Religione è un termine creato dagli accademici europei; non è un termine nativo delle lingue del Buddhismo asiatico pre-moderno.
Le religioni consistono non soltanto di credenze dogmatiche e dottrine ma anche di pratiche sociali e culturali che producono significato, tra cui rituali e pratiche contemplative, comunità, testi, tradizioni e modalità di allocazione di senso nella nascita, nell’invecchiamento, nella malattia, nel trauma, nella morte e in stati straordinari della coscienza.

Le religioni sollevano un senso di trascendenza, una sensibilità per ciò che eccede l’esperienza ordinaria.

Approfondimenti:
C. Schelin, 2021, What the spiritual but not religious have in common with radical protestants of 500 years ago, The Conversation.

 

 

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